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Ali Cherri e Sara Sallam: i primi due artisti contemporanei al Museo Egizio

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Alla luce del percorso di riflessione sul proprio ruolo di museo archeologico contemporaneo, il Museo Egizio, in occasione del suo bicentenario, ha avviato un programma di residenze di artista, che hanno visto protagonisti gli artisti Ali Cherri e Sara Sallam.  






Ali Cherri (1976) è un artista e regista nato a Beirut e residente a Parigi. Vincitore del Leone d’Argento alla Biennale di Venezia nel 2022, Cherri predilige lavorare con la scultura, la grafica, il cinema, focalizzandosi sullo scarto temporale tra mondi antichi e società contemporanee e sulla rielaborazione e costruzione di una narrazione storica degli oggetti antichi. Le prospettive dei professionisti del settore museale e degli stessi visitatori si scontrano con l'impossibilità di oggetti e reperti di ricambiare quello sguardo e raccontare le proprie storie. 



Returning the Gaze (2024) è il titolo del progetto  artistico, ideato per il Museo Egizio, sulla scorta di diversi incontri  con il direttore del Museo e il curatore Paolo Del Vesco. Alla base della riflessione artistica  che ha dato vita a questo progetto ci sono i temi riguardanti la storia della collezione, il ruolo di un museo archeologico nella società contemporanea, le biografie e i significati mutevoli degli oggetti museali, il modo in cui il pubblico percepisce gli oggetti e soprattutto le narrazioni costruite intorno a essi. 


La sua installazione, realizzata per la residenza d'artista, è situata nel grande vestibolo di fronte all’ingresso della Galleria dei Re, ed ispirata ad alcune sculture della collezione e a una serie di reperti emblematici della cultura materiale dell'antico Egitto. Il progetto è  sostenuto dal PAC2024 - Piano per l’Arte Contemporanea, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura. 



L'artista ha selezionato sette manufatti della collezione, dai sarcofagi alle statue, che per diversi motivi sono completamente o parzialmente privi di occhi o di sguardo. Gli elementi o le porzioni mancanti sono stati ricostruiti scansionando i reperti digitalmente e rimodellandoli secondo la visione dell’artista, per poi fonderli in bronzo a finitura lucida, andando così a reintegrare gli sguardi degli antichi manufatti originari. 


Il processo di realizzazione dell’opera ha permesso al Museo di attivare nuove sinergie con il territorio, in particolar modo la Fonderia artistica De Carli a Volvera (Torino). 


Il rapporto di Ali Cherri con il Museo Egizio è nato nel 2018, in occasione della mostra collettiva temporanea “Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo”, che si è tenuta a Torino, al Museo Egizio al Musei Reali e alla Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, in cui veniva affrontato il tema della distruzione del patrimonio storico-artistico,  attraverso un dialogo fra reperti e opere contemporanee. 






Sara Sallam (1991) è nata in Egitto e vive in Olanda.  E’ una giovane artista emergente, impegnata in una ricerca artistica multidisciplinare, che utilizza diverse tecniche  fotografia, scrittura, videoinstallazioni. Filo conduttore della sua opera di artista è una contro narrazione,  alternativa a quella dominante occidentale,  attraverso cui rimette al centro voci marginalizzate e decolonizza il patrimonio archeologico egiziano 



L’installazione  The Sun Weeps for the Land And Calls from the Garden of Stones (2024), collocata a chiusura del percorso della Galleria dei Re è composta da tre opere che reinterpretano la diaspora delle statue della dea Sekhmet, scolpite per il tempio funerario di Amenhotep III e che dall’Ottocento sono disperse in vari musei europei.  Come sostiene l’artista, nell’installazione ci viene ricordato che queste statue sacre, che un tempo proteggevano il faraone, ora giacciono angosciate nei musei, non essendo riuscite a compiere il loro scopo spirituale. 


In un collage fotografico lungo circa due metri, dal titolo Shifting Sands, Carving Scars (2024), Sallam mette in scena l’atto  con cui Vitaliano Donati nel Settecento e Jean Jacques Rifaud nell’Ottocento quasi ferirono la terra per estrarre dalle montagne di Tebe le 21 Sekhmet, conservate nella Galleria dei Re del Museo Egizio. Vari documenti iconografici d’archivio, tra cui la nota incisione del 1819 che ritrae Bernardino Drovetti e dei suoi agenti in Egitto e varie serie di fotografie del Brooklyn Museum e del Museo Egizio, vengono rielaborate dall’artista. 



Nell’opera Prayer Beads (2024), Sallam omaggia le 730 statue di Sekhmet che nel tempio funerario recitavano una litania lunga un anno per proteggere il faraone. Le 709 stampe cianotipiche esposte in sala rappresentano le statue ora sparse tra templi e altri musei, mentre i 21 spazi vuoti sono quelle custodite al Museo Egizio, le cui stampe mancanti sono state restituite all’Egitto attraverso un rituale visibile nell’opera video a due canali, A Broken Circle of Sisters (2024).  Attraverso due schermi in sincrono è infatti possibile osservare l’artista che esegue una serie di rituali con le 21 stampe cianotipiche rappresentanti le Sekhmet del Museo Egizio.  


 L’opera di Sara Sallam è stata realizzata grazie al contributo del Mondriaan Fund, organizzazione pubblica olandese votata all’arte visiva e al patrimonio culturale.  

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