Attività di ricerca

Libro dei morti di Kha: analisi e studi

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Il Museo Egizio ha avviato un importante progetto di analisi e di studio del Libro dei morti di Kha.

Si tratta di un papiro lungo 14 metri esposto nella sala 7 del museo, al primo piano dell’edificio, dedicato al corredo della tomba dell’architetto Kha e sua moglie Merit.

Il manoscritto contiene 33 formule magiche, molte delle quali accompagnate da illustrazioni, per la guida, la protezione e la resurrezione del defunto nell’aldilà.



Il Papiro di Kha

Il reperto è stato rinvenuto nella tomba dell’architetto reale Kha, ed è databile tra 1425 e 1353 a.C., nel Nuovo Regno. È stato scoperto da Ernesto Schiaparelli nel 1906 all’interno della tomba, durante la Missione Archeologica Italiana e sin da subito si è rivelato in ottimo stato di conservazione.

 

Le analisi

Da lunedì 26 febbraio, per 3 settimane, il reperto sarà sottoposto ad analisi nell’ambito di un progetto svolto dal Museo Egizio con il supporto del Laboratorio mobile MOLAB dell’E-RIHS (European Research Infrastructure for Heritage Science) in collaborazione con i gruppi del ISPC CNR di Catania, Firenze, Milano, Roma, dello SCITEC CNR di Perugia, e del centro SMAArt dell'Università di Perugia.

Dopo le analisi preliminari, grazie alla spettrometria RAMAN – tecnica non invasiva – sarà possibile analizzare la composizione dei pigmenti impiegati nel papiro nonché distinguere tra i materiali originali e quelli aggiunti successivamente, approfondirne le misure di ripristino passate e le misure di conservazione future.

In seguito, verranno svolte ulteriori analisi con l’ausilio dell’XRF mapping (spettroscopia di fluorescenza a raggi X): l’obiettivo, in questo caso specifico, è indagare ciò che non è più visibile come i disegni preliminari, modifiche alla colorazione delle vignette, le cancellature e gli eventuali errori dello scriba.

Ulteriori analisi saranno svolte al microscopio HIROX, per studiare in dettaglio la texture della pittura, la tecnica pittorica utilizzata, la miscelazione dei colori e il particolare effetto glitterato.

 


Lo studio

Il nome del proprietario che beneficia delle formule ricorre normalmente con frequenza dopo il titolo e alla fine dei capitoli. Però, sul papiro di Kha, lo spazio previsto per il nome è vuoto in alcuni capitoli; quindi, sembra che il Libro dei Morti fosse stato preparato prima di essere destinato a Kha, lasciando in bianco lo spazio per il nome di chi sarebbe poi stato il suo proprietario. Solo quando il manoscritto è stato adattato per Kha vi è stato inserito il suo nome, anche se non in tutti i punti. L’inserimento in un secondo tempo del nome è evidente nella seconda colonna del capitolo 1: i titoli e i nomi di Kha e Merit hanno infatti una spaziatura molto larga, perché lo scriba ha dovuto riempire l’interna colonna. Inoltre, l’ingrandimento rivela che i nomi sono scritti su un altro testo cancellato, del quale si vedono ancora alcune tracce di inchiostro, questo fa pensare che il manoscritto fosse stato pensato per un’altra persona.

Anche ad occhio nudo si nota un cambio di programma nella decorazione, per esempio: la scena iniziale presenta il dio Osiride in forma di mummia dal torace in giù, ma sotto il collo bianco si intravede una decorazione; il corpo del dio era in origine ricoperto di piume o fiori. Le analisi in corso saranno fondamentali per chiarire la domanda se si tratti di un cambio di gusto da collegare al riutilizzo del papiro per Kha.



Nonostante i numerosi studi e progetti di analisi sul reperto, fino ad oggi non è ancora stato ancora realizzato uno studio completo sul Libro dei Morti di Kha. L’ultima pubblicazione è di Susanne Töpfer ed è acquistabile QUI 

Il progetto avviato è cruciale per approfondire la storia del reperto e il testo scritto. In parallelo alle indagini diagnostiche, infatti, verrà avviata l’edizione filologica del testo con translitterazione, traduzione e commento.

La ricerca sarà cruciale per fare luce sulla pratica scribale dell’antico Egitto, che è ancora poco nota. Del resto, la papirologia contribuisce sempre più alla definizione della “biografia degli oggetti”, che a partire dalla materialità dei reperti consente di ricostruire contesti e storie.
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