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I diari di Saqqara 2023 – quarta settimana
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Dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle 18:30
Scavi sotterranei
Di Nico Staring
La campagna di scavo del 2023 è stata quasi completamente dedicata al complesso sotterraneo di Panehsy. La sovrastruttura monumentale della tomba è stata scavata nel 2022, mentre l’area immediatamente a est della tomba è stata esplorata durante la prima parte della stagione attuale, sotto la supervisione di Paolo Del Vesco. Quest’anno ci siamo divisi il lavoro e quindi io ho preso il suo posto a metà della stagione di scavo. Il mio nome è Nico Staring e da qualche anno ricopro il ruolo di archeologo della spedizione. Il mio interesse principale è l’evoluzione del paesaggio di Saqqara durante il Nuovo Regno (c. 1539–1078 BCE), in particolare le scelte relative alla posizione delle tombe, l’accessibilità e i raggruppamenti di tombe. Il mio progetto attuale presso l’Università di Liège si concentra sulla relazione tra i proprietari delle tombe e coloro che le realizzavano. Lo studio si concentra in particolare sui rilievi rinvenuti nelle tombe stesse che rappresentano il prodotto finale della collaborazione tra i committenti e gli artisti. Senza rivelare troppo dei risultati della stagione di scavo di quest’anno, posso però dirvi che entrambi questi argomenti mi hanno dato grande soddisfazione!
Fig. 1: I cestini (zanabil) fatti di materiale vegetale vengono riparati e rafforzati nel sito di scavo.
Foto: Servaas Neijens.
Ma torniamo a Panehsy. Parte del complesso sotterraneo era stato scavato nel 2022. Il pozzo verticale connette la sovrastruttura con gli spazi sotterranei. Scavare il pozzo è stata un’operazione impegnativa, perché il fondo si trova a non meno di 11 metri al di sotto del pavimento della tomba! I primi metri non hanno creato problemi. Tuttavia, più il pozzo diventa profondo, più diventa difficile smaltire la sabbia. Ad un certo punto diventa necessario usare una tambura, cioè un grosso attrezzo per sollevare pesi che consiste di una corda che si avvolge attorno ad un rullo orizzontale che viene fatto ruotare. I cesti pieni di sabbia vengono appesi a ganci metallici attaccati agli estremi della corda e tirati su, e poi passati di mano in mano da un operaio all’altro, che formano una catena umana fino al margine dello scavo, dove i detriti vengono depositati. La tambura non serve solo a sollevare i cesti pieni di sabbia: serve anche come ascensore per calarci giù all’inizio e risalire alla fine della giornata di lavoro. E poi assolve anche una funzione molto importante: far arrivare giù un bicchiere di tè per una meritata pausa a metà mattina.
Fig.2: Concentrato al lavoro di scavo insieme al rais Hossam.
Foto: Servaas Neijens.
Il complesso sotterraneo di Panehsy consiste di varie stanze. Per esempio, una piccola stanza alla quale si accede dal fondo del pozzo da, a sua volta, accesso ad un secondo pozzo profondo 5 metri. E quindi conduce alla camera sepolcrale collocata ad una profondità di 16 metri al di sotto del pavimento della tomba. Non siamo i primi ad aver percorso tutti questi cunicoli: numerosi visitatori hanno portato via materiale di vario genere e di conseguenza resta poco del corredo funerario originale. Ciononostante, i resti archeologici ci aiutano a ricostruire cosa sia accaduto in questo luogo a partire dalla prima sepoltura, avvenuta oltre 3.000 anni fa.
Fig. 3: Pronti per la discesa nel pozzo funerario di Panehsy con la tambura.
Foto: Servaas Neijens.
Nel corso dell’ultima settimana abbiamo concentrato la nostra attenzione su una stanza situata ad un livello superiore (Camera A), cui si accede ad una profondità di 5 metri lungo il pozzo. Lo spazio è stato creato tagliando uno strato di roccia e misura circa 3 × 4 metri. È alto circa 2 metri ed era quasi completamente pieno di sabbia: questo significa che abbiamo operato la prima esplorazione strisciando a pancia sotto nel poco spazio disponibile. Scavare sottoterra non è un’esperienza raccomandata a chi soffre di claustrofobia!
Fig. 4: Il pozzo tombale con lo sfondamento della Camera A di Panehsy viene fotografato dall'équipe del Politecnico di Milano.
Foto: Nico Staring.
Tutta la sabbia deve essere rimossa con i cesti. Questo tipo di scavo non va svolto di fretta. Come archeologo, cerco infatti di comprendere come uno spazio del genere si sia riempito di depositi di vario tipo, e quali attività umane abbiano contribuito a determinare la situazione attuale. Di conseguenza, tutti i depositi vengono meticolosamente documentati e ogni ritrovamento, come per esempio ceramica, ossa e oggetti, viene etichettato e inviato su ai vari specialisti presenti nella spedizione, che li analizzano in dettaglio.
Fig. 5: Muhammad ha appena trovato il frammento di un vaso canopo.
Foto: Nico Staring.
La presenza di un secondo pozzo che è stato scavato nel soffitto della Camera A tempo fa ci ha complicato un po’ la vita. Più cercavamo di svuotare la stanza, più sabbia continuava a scendere dal secondo pozzo. Questo tipo di penetrazione non solo rallenta il lavoro, ma può anche generare situazioni di pericolo. Per evitare problemi, un programma di lavoro è stato messo a punto in stretta collaborazione con il capo degli operai, il rais Hossam Azzam. È importante che il lavoro sottoterra si svolga in sicurezza, e grazie alla sua lunga esperienza Hossam sa bene come procedere. È evidente che tutte le attività che svolgiamo a Saqqara sono il risultato di un lavoro di squadra: il lavoro archeologico è quasi tutto svolto in stretta cooperazione con un gruppo di specialisti e operai egiziani del luogo. Nei ristretti spazi sotterranei io lavoro con Mohammed Sayed Ragab, Rafa’at ‘Eid Abdel Karim e Walid Khaled, che sono membri della spedizione congiunta Leiden-Torino ormai da molti anni, mentre il rais Hossam dirige le operazioni dall’alto.
Fig. 6: la Camera A quasi vuota con accesso a un pozzo successivo.
Foto: Nico Staring.
Dopo poco più di una settimana, la Camera A è stata praticamente svuotata. Uno studio preliminare della complessa stratigrafia (ovvero la deposizione successiva di strati) già ci fornisce importanti informazioni sull’affascinante storia degli eventi che hanno avuto luogo sottoterra in questi ambienti. Continuerò lo studio quando sarò rientrato a casa nei Paesi Bassi. Con l’aiuto di tutte le descrizioni, le foto e i modelli 3D, avremo la possibilità di rivedere da capo e in maniera approfondita le varie fasi dello scavo, in modo da estrarre quante più informazioni possibili dai resti archeologici che abbiamo rinvenuto nel corso di questa stagione.
Fig. 7: il team "complesso funerario sotterraneo Panehsy", con Muhammad e Walid.
A martedì prossimo con un altro diario di scavo!
Di Nico Staring
La campagna di scavo del 2023 è stata quasi completamente dedicata al complesso sotterraneo di Panehsy. La sovrastruttura monumentale della tomba è stata scavata nel 2022, mentre l’area immediatamente a est della tomba è stata esplorata durante la prima parte della stagione attuale, sotto la supervisione di Paolo Del Vesco. Quest’anno ci siamo divisi il lavoro e quindi io ho preso il suo posto a metà della stagione di scavo. Il mio nome è Nico Staring e da qualche anno ricopro il ruolo di archeologo della spedizione. Il mio interesse principale è l’evoluzione del paesaggio di Saqqara durante il Nuovo Regno (c. 1539–1078 BCE), in particolare le scelte relative alla posizione delle tombe, l’accessibilità e i raggruppamenti di tombe. Il mio progetto attuale presso l’Università di Liège si concentra sulla relazione tra i proprietari delle tombe e coloro che le realizzavano. Lo studio si concentra in particolare sui rilievi rinvenuti nelle tombe stesse che rappresentano il prodotto finale della collaborazione tra i committenti e gli artisti. Senza rivelare troppo dei risultati della stagione di scavo di quest’anno, posso però dirvi che entrambi questi argomenti mi hanno dato grande soddisfazione!
Fig. 1: I cestini (zanabil) fatti di materiale vegetale vengono riparati e rafforzati nel sito di scavo.
Foto: Servaas Neijens.
Ma torniamo a Panehsy. Parte del complesso sotterraneo era stato scavato nel 2022. Il pozzo verticale connette la sovrastruttura con gli spazi sotterranei. Scavare il pozzo è stata un’operazione impegnativa, perché il fondo si trova a non meno di 11 metri al di sotto del pavimento della tomba! I primi metri non hanno creato problemi. Tuttavia, più il pozzo diventa profondo, più diventa difficile smaltire la sabbia. Ad un certo punto diventa necessario usare una tambura, cioè un grosso attrezzo per sollevare pesi che consiste di una corda che si avvolge attorno ad un rullo orizzontale che viene fatto ruotare. I cesti pieni di sabbia vengono appesi a ganci metallici attaccati agli estremi della corda e tirati su, e poi passati di mano in mano da un operaio all’altro, che formano una catena umana fino al margine dello scavo, dove i detriti vengono depositati. La tambura non serve solo a sollevare i cesti pieni di sabbia: serve anche come ascensore per calarci giù all’inizio e risalire alla fine della giornata di lavoro. E poi assolve anche una funzione molto importante: far arrivare giù un bicchiere di tè per una meritata pausa a metà mattina.
Fig.2: Concentrato al lavoro di scavo insieme al rais Hossam.
Foto: Servaas Neijens.
Il complesso sotterraneo di Panehsy consiste di varie stanze. Per esempio, una piccola stanza alla quale si accede dal fondo del pozzo da, a sua volta, accesso ad un secondo pozzo profondo 5 metri. E quindi conduce alla camera sepolcrale collocata ad una profondità di 16 metri al di sotto del pavimento della tomba. Non siamo i primi ad aver percorso tutti questi cunicoli: numerosi visitatori hanno portato via materiale di vario genere e di conseguenza resta poco del corredo funerario originale. Ciononostante, i resti archeologici ci aiutano a ricostruire cosa sia accaduto in questo luogo a partire dalla prima sepoltura, avvenuta oltre 3.000 anni fa.
Fig. 3: Pronti per la discesa nel pozzo funerario di Panehsy con la tambura.
Foto: Servaas Neijens.
Nel corso dell’ultima settimana abbiamo concentrato la nostra attenzione su una stanza situata ad un livello superiore (Camera A), cui si accede ad una profondità di 5 metri lungo il pozzo. Lo spazio è stato creato tagliando uno strato di roccia e misura circa 3 × 4 metri. È alto circa 2 metri ed era quasi completamente pieno di sabbia: questo significa che abbiamo operato la prima esplorazione strisciando a pancia sotto nel poco spazio disponibile. Scavare sottoterra non è un’esperienza raccomandata a chi soffre di claustrofobia!
Fig. 4: Il pozzo tombale con lo sfondamento della Camera A di Panehsy viene fotografato dall'équipe del Politecnico di Milano.
Foto: Nico Staring.
Tutta la sabbia deve essere rimossa con i cesti. Questo tipo di scavo non va svolto di fretta. Come archeologo, cerco infatti di comprendere come uno spazio del genere si sia riempito di depositi di vario tipo, e quali attività umane abbiano contribuito a determinare la situazione attuale. Di conseguenza, tutti i depositi vengono meticolosamente documentati e ogni ritrovamento, come per esempio ceramica, ossa e oggetti, viene etichettato e inviato su ai vari specialisti presenti nella spedizione, che li analizzano in dettaglio.
Fig. 5: Muhammad ha appena trovato il frammento di un vaso canopo.
Foto: Nico Staring.
La presenza di un secondo pozzo che è stato scavato nel soffitto della Camera A tempo fa ci ha complicato un po’ la vita. Più cercavamo di svuotare la stanza, più sabbia continuava a scendere dal secondo pozzo. Questo tipo di penetrazione non solo rallenta il lavoro, ma può anche generare situazioni di pericolo. Per evitare problemi, un programma di lavoro è stato messo a punto in stretta collaborazione con il capo degli operai, il rais Hossam Azzam. È importante che il lavoro sottoterra si svolga in sicurezza, e grazie alla sua lunga esperienza Hossam sa bene come procedere. È evidente che tutte le attività che svolgiamo a Saqqara sono il risultato di un lavoro di squadra: il lavoro archeologico è quasi tutto svolto in stretta cooperazione con un gruppo di specialisti e operai egiziani del luogo. Nei ristretti spazi sotterranei io lavoro con Mohammed Sayed Ragab, Rafa’at ‘Eid Abdel Karim e Walid Khaled, che sono membri della spedizione congiunta Leiden-Torino ormai da molti anni, mentre il rais Hossam dirige le operazioni dall’alto.
Fig. 6: la Camera A quasi vuota con accesso a un pozzo successivo.
Foto: Nico Staring.
Dopo poco più di una settimana, la Camera A è stata praticamente svuotata. Uno studio preliminare della complessa stratigrafia (ovvero la deposizione successiva di strati) già ci fornisce importanti informazioni sull’affascinante storia degli eventi che hanno avuto luogo sottoterra in questi ambienti. Continuerò lo studio quando sarò rientrato a casa nei Paesi Bassi. Con l’aiuto di tutte le descrizioni, le foto e i modelli 3D, avremo la possibilità di rivedere da capo e in maniera approfondita le varie fasi dello scavo, in modo da estrarre quante più informazioni possibili dai resti archeologici che abbiamo rinvenuto nel corso di questa stagione.
Fig. 7: il team "complesso funerario sotterraneo Panehsy", con Muhammad e Walid.
A martedì prossimo con un altro diario di scavo!
info@museitorino.it
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Dal lunedì al sabato dalle ore 9:00 alle 18:30